OMAN
16 - 28 dicembre 2017

ISTANBUL
14 - 15 dicembre / 1° gennaio
DUBAI
29 - 31 dicembre

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WADI GHUL

Lasciata Tanuf ci dirigiamo verso la montagna più alta dell'Oman: Jebel Shams, ma lungo la strada facciamo una breve sosta in un view point che si affaccia su Wadi Ghul, un altro villaggio abbandonato con le immancabili tipiche case in fango e paglia.
Wadi Ghul si trova ai margini di un'oasi; anche in questo caso c'è un piccolo nucleo di abitazioni recenti che sono state costruite più a est, al di là del torrente. Ovviamente, però, la parte più spettacolare è il mucchietto di case appollaiato sul crinale di una collina rocciosa a sovrastare i campi coltivati più a valle.

Ancora oggi l'Oman è una nazione sottopopolata: pur essendo grande quanto l'Italia, ha appena sei milioni di abitanti, molti de quali sono concentrato nella capitale.
Anche in epoche remote non c'era molta gente da queste parti: il clima troppo caldo per parecchi mesi dell'anno e la natura rocciosa e desertica del territorio hanno da sempre ostacolato gli insediamenti umani. Ecco perché gli stranieri sono considerati un dono e l'ospitalità un dovere: non era facile incontrare qualcuno col quale chiacchierare e dal quale, in un'epoca priva di mezzi di comunicazione di massa, apprendere cosa succedesse nel mondo.
Nella tradizione omanita, quindi, si è affermata l'usanza di mettersi agli incroci delle strade (il luogo più probabile ove poter incontrare un eventuale viaggiatore) con un tappeto, una teiera, dei datteri e una ciotola di acqua in attesa di un eventuale - e per niente scontato - incontro con uno straniero.

Nel view point di Wadi Ghul troviamo un vecchietto accovacciato sul suo tappetino mentre chiacchiera con altri due tizi.
Mentre io scatto alcune fotografie all'oasi, il vecchietto chiama Vincenzo con un gesto della mano e gli fa capire inequivocabilmente che intende offrirgli del caffè al cardamomo. Lì per lì Vincenzo rifiuta educatamente, ma il vecchio insiste, mettendo su un'espressione che suona più o meno come:
«Ti dissi 'mbìviti 'sta brizza i cafè, sinnò m'affennu!».
A quel punto Vincenzo accetta sia il caffè al cardamomo, già assaporato qualche giorno prima a Mascate, sia alcuni datteri, il cui gusto dolciastro contrasta piacevolmente con l'amaro della bevanda.
Una volta terminato di sorseggiare il caffè, Vincenzo restituisce al vecchietto la tazzina e, come suggeritogli, si pulisce le mani nella ciotola con l'acqua, nella quale finisce pure la tazzina, pronta per... essere utilizzata dal prossimo vinadante di passaggio!
Ancora oggi Vincenzo continua a chiedersi quanti siano stati a bere il caffè nella tazzina dove ha bevuto lui...!

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